La street art a Napoli: turismo e riqualificazione delle periferie

Per gli amanti della street art, Napoli è il posto giusto da visitare. Il centro della città, e soprattutto le periferie, dal 2006 si animano di vere e proprie opere a cielo aperto, frutto di una riqualificazione urbana capace di creare una relazione forte e solida fra i cittadini, i turisti e gli esperti del settore artistico e urbano. La street art, genere artistico trasversale e dalle molte declinazioni, nasce negli anni Settanta in America come forma di ribellione, veicolando il proprio messaggio sui muri, o più in generale in luoghi della città visibili a tutti. In Italia questo linguaggio artistico si è affermato negli anni Novanta e Duemila. Fino a poco tempo fa questo tipo di arte veniva considerata come una forma di vandalismo che andava repressa e punita poiché si imbrattavano, illegalmente, proprietà pubbliche e private. Oggi la sua reputazione è cambiata, venendo riconosciuta come uno strumento di riqualificazione urbana, in particolare nei quartieri periferici, favorendo il turismo anche in quelle zone della città. Scopriamo cosa succede quando la street art incontra il turismo a Napoli.

La nuova vita delle periferie e  il contributo di INWARD

Se l’obiettivo della street art è quello di riconvertire zone della città marginalizzate, non è un caso che le maggiori opere di street art a Napoli siano collocate nelle periferie considerate più degradate, favorendo lo sviluppo di un flusso turistico.

A Napoli Il contributo dato da Luca Borriello, fondatore e direttore di ricerca in INWARD è stato fondamentale. INWARD, il cui nome può essere letto nella duplice accezione di  “rivolto dentro di sé”  e “nel quartiere”,  è un osservatorio che svolge ricerca e sviluppo nell’ambito della creatività urbana, operando con un proprio modello di valorizzazione nei settori pubblico, privato, no profit e internazionale. Si avvale di un Consiglio Scientifico e di un Consiglio Direttivo, di un Comitato di Ricerca e di un Comitato di Sviluppo. Conosciuto non sono in Italia, ma in altre parti del mondo, fa sì che il turismo si sviluppi anche nelle aree periferiche di Napoli. Un esempio emblematico è il Parco dei Murales, che si trova a Ponticelli, una delle periferie più difficili e complesse d’ Italia ma che grazie alla street art ha avuto un vero e proprio riscatto sociale, attirando visitatori da più parti del mondo.

La Napoli dei murales tra artisti internazionali e italiani

Nel corso del tempo tanti sono stati gli artisti, italiani e stranieri, che hanno lasciato la loro firma in più di un quartiere partenopeo. Da Blu a Jorit Agoch, passando per Banksy e Mano Gonzales, per poter ammirare i murales artistici è necessario spostarsi in varie zone della città e per più giorni.

I quartieri Spagnoli, raggiungibili con la linea 1 della metropolitana, sono considerati il cuore pulsante della street art a Napoli. Dal 2009 il quartiere è diventato un vero e proprio museo a cielo aperto, grazie all’installazione di oltre 200 opere su botteghe, cancelli e fabbricati. Qui troviamo i famosi murales del progetto “Quore Spinato” del duo napoletano Cyop e Kaf, le opere di Diego Miedo e i numerosi poster colorati di Roxy in the Box.  In via Emanuele De Deo poi troviamo due opere, una di fronte l’altra:

  • Il murales di Maradona, realizzato in occasione del secondo scudetto del Napoli nel 1990 e restaurato nel 2016, prima da Salvatore Iodice e poi dall’artista argentino Bosoletti, incitato dalla cittadinanza che voleva un volto più realistico rispetto a quello che Iodice aveva realizzato;
  • La pudicizia di Cappella Sansevero, eseguita gratuitamente da Bosoletti e che ha donato grande prestigio a questo quartiere, rappresentando una delle meraviglie del patrimonio culturale partenopeo.

È nel Centro Storico di Napoli, a Via Duomo, raggiungibile con la linea 2 della metropolitana, che troviamo il volto di San Gennaro, diventato sicuramente il murales più famoso della città. Realizzato nel 2015 da Jorit Agoch, uno street artist napoletano famoso per i sui lavori sia al centro che nelle periferie di Napoli. L’opera è alta più 15 metri ed è fotografata dai turisti di tutto il mondo. Proseguendo lungo questa via, è possibile ammirare un’altra opera realizzata da Roxy in the Box che ritrae San Gennaro e Caravaggio intitolata Mission Possible. Percorrendo Via dell’Anticaglia ci ritroveremo poi in Via dei Tribunali, dove l’arte urbana regna sovrana e in piazza Gerolimini sarà possibile ammirare la Madonna con Pistola  di Bansky, uno dei più grandi street artist viventi. Il graffito rappresenta il legame tra la camorra e la religione a Napoli.

Nel quartiere Sanità, di cui abbiamo parlato qui, troviamo numerose opere di street art. All’interno del Palazzo San Felice, ad esempio, il murales realizzato da Zilda, denominato l’uomo in catene, con  uno sguardo rivolto verso il basso e davanti a lui mare ed il Vesuvio, con un cielo grigio scuro a far da contorno. Sempre nella Sanità possiamo ammirare “Luce”, di Tono Cruz, che occupa tutta la facciata di un rione e rappresenta le facce dei ragazzi e delle ragazze residenti in quel quartiere come segno di speranza e futuro. C’è poi il primo murales che  sorge sulla facciata di un edificio religioso, La Chiesa di Santa maria Santissima del Camrine, a cura di Mono Gonzalez, Tono Cruz e Sebastian Gonzalez.

A Materdei, quartiere raggiungibile con la linea 1 della metropolitana, su una delle facciate dell’ex OPG, ospedale psichiatrico giudiziario, è possibile ammirare l’enorme murales realizzato da BLU che rappresentata un personaggio verde, un po’ terrificante, con la bocca aperta.

Street Art Napoli Tour e il Parco dei Murales

Il Parco dei Murales a Ponticelli, in origine conosciuto come Parco Merola, nasce nel 2015 da un progetto socioculturale di creatività urbana ideato e curato da INWARD in collaborazione progressiva con enti pubblici, privati e no profit, sia locali che nazionali. L’obiettivo è quello di avviare un progetto territoriale di riqualificazione urbana e sociale in un quartiere caratterizzato da criminalità, alti tassi di dispersione scolastica e disoccupazione, sia giovanile che adulta. I murales sono diventati in poco tempo un’attrattiva sia per il popolo napoletano che per i turisti. E dal 2016 si svolge lo Street art tour, il cui successo ha permesso una struttura organizzativa migliore, oltre che di sponsorizzare con il ricavato delle visite la Cooperativa Arginalia, che aiuta i giovani della Napoli Est nella ricerca di un lavoro. Il complesso, nato dopo il terremoto del 1980, che accoglie 160 famiglie, dall’aprile 2015 a oggi mostra otto opere di street art sulle otto facciate degli edifici. Il tema dei murales è stato scelto ascoltando la vita e le richieste dei cittadini. Le opere sono:

  • “Ael. Tutt’ egual song’ e creature”, di Jorit Agoch, realizzata in occasione della Giornata Internazionale dei Rom, Sinti e camminanti su richiesta dell’ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali. Il murales rappresenta una bambina rom con una serie di libri, una matita e uno strummolo, antico giocattolo napoletano. Alto più di 20 metri, è stato posizionato lì per ricordare l’incendio avvenuto nel 2008 che distrusse il campo rom adiacente, lasciando senza casa circa 1.500 persone;
  • “A’ pazziella ‘n man e’ criature”, del toscano Zed1, che rappresenta il diritto al gioco dei bambini attraverso un burattino schiacciato da un joypad, emblema del gioco digitale, che rende i bambini alienati e poco partecipi alle dinamiche di gruppo;
  • “Chi è voluto bene non s’o scorda”, lavoro di Rosk&Loste (due artisti di origini siciliane), rappresenta due bambini, che indossano due maglie da calcio, una del Napoli e un’altra dell’Argentina. Il ricordo e la devozione di Napoli a Diego Armando Maradona tornano anche in questo quartiere quindi;
  • “Lo trattenimento de’ peccerille” (l’intrattenimento dei bambini), è firmata da Mattia Campo dall’Orto. L’artista ha preso spunto dai bambini e dagli adulti del parco, rapportandosi a loro e fotografandoli. Questo murales è stato realizzato in onore del 450esimo anniversario dalla nascita del letterato campano Giambattista Basile. Il murales pone l’attenzione sul libro delle novelle che stimola la creatività la fantasia, evocando inoltre l’importanza della lettura;
  • “A Mamm’ e Tutt’ e Mamm”, è realizzata da La Fille Bertha, una street artist italiana ma che per la prima volta ha dipinto in Campania. L’opera celebra la maternità, intesa come dono e non come un peso, in contrapposizione a tutti quei contesti in cui la maternità viene percepita ancora come un vero e proprio ostacolo;
  • “Je sto vicino a Te”, realizzata dallo street artist Daniele Nitti. Il titolo è un vero e proprio omaggio a Pino Daniele ed è l’opera più grande che l’autore ha dipinto tra Italia ed Europa. Il murales rappresenta un piccolo villaggio, con case e vie disegnate con eleganza e raffinatezza e punta l’attenzione sul significato di fratellanza e solidarietà;
  • “ ‘O sciore cchiù felice”, dell’artista piemontese Fabio Petani. Il titolo è ripreso dalla canzone del gruppo partenopeo Almamegretta, mentre l’opera è dedicata al valore e alla conoscenza del territorio. Fonte d’ispirazione è la ricerca di Aldo Merola, botanico che fu tra i  direttori del Real Orto Botanico di Napoli, a cui sono intitolati il complesso residenziale e il lungo Viale che costeggia il Parco stesso. Il fiore disegnato da Petani è un Gigaro Chiaro che fiorisce a marzo, quando è stata dipinta l’opera. Nell’antichità si credeva che allontanava gli spiriti maligni e donava amore a chi era più sfortunato;
  • “Cura e’ paure”, è opera di Luca Caputo, in arte Zeus40, nato e cresciuto proprio nella periferia Est di Napoli e che ha contribuito anche alla realizzazione di altre opere in città. Il murales è dedicato al senso e all’importanza della cura. I profili delineati sono abitanti del parco Merola che hanno collaborato alla realizzazione del progetto. L’obiettivo è quello di rappresentare la famiglia non solo come nucleo privato, ma soprattutto come l’insieme di persone con cui si condivide un territorio in comune.

Jorit e i suoi murales nelle periferie di Napoli

Jorit Agoch, pseudononimo di Ciro Cerullo, classe 1990, padre napoletano e madre olandese, è uno degli street artist più famosi che ha dato un nuovo volto a Napoli, alle sue periferie, contribuendo con il suo lavoro a incentivare il turismo proprio in quei luoghi considerati da sempre degradati. Da ragazzino scriveva sui muri come writer, poi si è iscritto all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Ael, la bambina rom nel Parco Merola di Ponticelli, è stata una delle prime opere a far parlare di lui. Dopo Ponticelli, è a Forcella che Jorit ritrae San Gennaro, patrono della città, invitando cittadini e turisti a visitare quella zona, sebbene sia nota principalmente per i fatti di camorra. La sua identità è sempre rimasta nascosta e in molti lo avevano definito il “Bansky Italiano” ma all’inaugurazione del murales dedicato a Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, ha deciso di svelare la sua identità. In realtà, chi segue Jorit dall’inizio della sua carriera artistica, saprà che le foto del suo volto risalgono all’estate del 2018, quando circolarono in rete i video del suo arresto a Betlemme. Jorit si trovava lì per dipingere sul muro che separa Israele dalla Cisgiordania il ritratto di Ahed Tamini, attivista palestinese. Restò in carcere solo per 24 ore, ma furono sufficienti per farlo affermare come artista/attivista.  In tanti gli hanno domandato perché avesse scelto di disegnare i suoi murales in quartieri difficili come San Giovanni, Pianura o Forcella e la sua risposta «Non possiamo illuderci che l’arte cambi il mondo, che sia la soluzione ai problemi. Ma la street art è un mezzo per migliorare l’aspetto delle periferie. E per sostenerne il recupero sociale» è perfettamente in linea con l’idea di street art come leva di rivendicazione e riscatto sociale. Risale a pochi mesi fa la notizia della nascita della Fondazione Jorit, con a capo Giuseppe Leone, professore all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, che definì Jorit fra i banchi dell’università come il Caravaggio degli anni 2000. La Fondazione ha come obiettivo la promozione di iniziative creative e allo stesso tempo di alto valore sociale. Nel suo lavoro il volto, segnato dalle strisce rosse della scarnificazione (di ispirazione africana) diventa la narrazione della storia dell’intera umanità.

Napoli è una delle tele preferite dell’artista. Oltre ai già citati lavori di Ponticelli e Forcella, a San Giovanni a Teduccio quartiere che fa parte sempre della periferia Est della città, precisamente in via Taverna del Ferro, troviamo i murales Diego e Niccolò. Diego Armando Maradona è ritratto con la scritta Dios Umano. Accanto a lui lo scugnizzo Niccolò con la scritta essere umani. L’obiettivo è quello di mettere sullo stesso piano gli essere umani e la divinità, sebbene siano del calcio. Sempre a San Giovanni viene rappresentato Che Guevara. Il murales, di dimensioni molto grandi, ha attirato l’attenzione anche di Aleida Guevara, sua figlia, che ha visitato il rione.

A San Giorgio a Cremano, città natale di Massimo Troisi, Jorit ha realizzato nel 2017, quando Massimo avrebbe dovuto compiere 64 anni, un trittico di scene tratte dai suoi film:

  • Il bacio tra Troisi e MariaGrazia Cucinotta;
  • Il dialogo tra Lello Arena e Troisi sul tema dei miracoli;
  • Il momento del dettato della lettera indirizzata a Savonarola con Roberto Benigni.

Chi invece uscirà dalla metropolitana delle Linea 1 fermata Piscinola, nel quartiere Scampia, troverà due grandi murales, che ritraggono Pier Paolo Pasolini e Angela Davis, attivista afroamericana per i diritti dei neri.

Più di semplici dipinti sui muri, la street art a Napoli ci regala vere e proprie opere d’arte che impreziosiscono la città e diventano attrattiva per il turismo urbano.

A cura di
Marianna Bellizzi

Ph credits: Pietro Perrino